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Venit: due territori, una visione…

Venit: Ottobre, con i suoi cieli più bassi e le vigne che iniziano a mutare colore, è il mese in cui il vino assume il valore più profondo: il legame tra natura, uomo e tempo. 

Tra le province di Treviso e Pordenone, lungo il corso dell’Alto Livenza, questo dialogo trova una delle sue espressioni più interessanti nella realtà di Venit, un’azienda che nasce dall’unione di due famiglie e due filosofie produttive distinte, ma che oggi si muove con passo deciso verso una viticoltura di qualità e sostenibilità.

L’Alto Livenza: territorio di confine e di equilibrio

Il territorio dell’Alto Livenza è storicamente legato alla coltivazione della vite: fonti risalenti al XIII secolo testimoniano già una tradizione consolidata lungo le sponde del fiume che attraversa otto comuni tra la provincia di Pordenone e quella di Treviso. Questa zona di confine ha saputo sviluppare una propria identità vitivinicola, caratterizzata da vini freschi, lineari ed eleganti, frutto di condizioni pedoclimatiche particolarmente favorevoli.

Le altitudini variabili tra i 100 e i 300 metri s.l.m. offrono un mosaico di colline e pianure di origine alluvionale, con terreni a medio impasto ricchi di sabbia e argilla. La presenza delle Alpi Carniche a nord, che schermano i venti più rigidi, e l’influenza del mare Adriatico a sud, creano un microclima temperato e stabile: escursioni termiche equilibrate, ventilazione naturale e un apporto idrico regolare. Tutto ciò concorre a una maturazione ottimale delle uve e a un profilo aromatico ricco, capace di preservare freschezza e longevità nei vini.

Venit: due anime, una sintesi

Il nome Venit racchiude già in sé il senso del progetto: nella parlata friulana significa “Veneto”, a indicare l’incontro tra due terre, due fiumi, due famiglie. Una storia che affonda le radici negli anni Ottanta: da una parte la tradizione di un’azienda sulle rive del Monticano, condotta con rigore classico; dall’altra, l’impronta innovativa di una realtà pordenonese nel cuore dell’Alto Livenza.

Oggi sono Elia e Marco, nipoti delle due generazioni fondatrici, a guidare l’azienda verso una sintesi che fonde passato e futuro. La produzione si articola su due linee parallele: una legata ai vitigni autoctoni e internazionali tradizionali, l’altra dedicata ai PIWI (Pilzwiderstandfähig, “resistenti ai funghi”), viti di nuova generazione capaci di garantire sostenibilità senza rinunciare alla complessità enologica. 

Circa 25.000 bottiglie annue raccontano questa visione: un equilibrio fatto di rispetto per la terra, coltivazione in regime biologico e un’attenzione quasi maniacale ai dettagli, perché ogni tappo deve custodire non solo vino, ma la passione stessa di chi lo produce.

Vitigni PIWI: innovazione e sostenibilità in vigna

La scelta di lavorare con vitigni PIWI non rappresenta soltanto un atto tecnico, ma una vera presa di posizione etica nei confronti della viticoltura contemporanea. Queste varietà, ottenute tramite incroci naturali, sono caratterizzate da una resistenza intrinseca alle principali malattie fungine della vite, come peronospora e oidio. Ciò consente di ridurre drasticamente l’utilizzo di trattamenti fitosanitari, garantendo una coltivazione più sostenibile sia dal punto di vista ambientale sia da quello economico.

La maggiore rusticità dei PIWI non sacrifica la complessità sensoriale: anzi, in territori come l’Alto Livenza, ricchi di escursioni termiche e con suoli argillosi di origine alluvionale, questi vitigni sono in grado di esprimere profili aromatici di grande precisione. Il risultato è una gamma di vini che unisce pulizia, freschezza ed equilibrio a una visione profondamente contemporanea del lavoro in vigna.

La selezione di Ottobre: Venit in purezza

Per il mese di ottobre, la selezione è interamente dedicata a Venit, un modo per entrare in dialogo diretto con la filosofia aziendale attraverso tre etichette che interpretano in maniera radicale il legame tra vitigno, terroir e approccio produttivo.

Venit: due territori, una visione...

Fluere
IGT Venezia Giulia
100% Fleurtai

Il Fleurtai è un vitigno friulano resistente alle principali malattie fungine, un esempio di come la ricerca genetica possa sostenere l’enologia senza snaturarne l’identità. Le vigne crescono su terreni a medio impasto con forte presenza di argilla Caranto. La vendemmia, rigorosamente manuale, prevede selezione dei grappoli, pressatura soffice degli acini interi e affinamento per 7 mesi sui lieviti più 4 in bottiglia. Nel calice si presenta dorato, con una complessità che gioca su note di pera matura, mango, ananas e miele millefiori. Al sorso è equilibrato, con acidità ben calibrata e una persistenza che prolunga le sensazioni fruttate.

Nemo
IGT Veneto
100% Solaris

Il Solaris, vitigno nato a Friburgo e oggi riferimento tra le varietà PIWI, esprime nella versione Venit una sorprendente intensità aromatica. Le vigne si trovano lungo le rive argillose del Monticano, dove il microclima ne valorizza freschezza e tensione. Vendemmia manuale e lavorazione rispettosa: selezione dei grappoli, pressatura soffice e affinamento per 7 mesi sui lieviti, seguiti da 4 mesi in bottiglia. Il profilo olfattivo rivela mela verde, pesca, agrumi e una vena minerale precisa. In bocca è pieno, avvolgente, sorretto da un’acidità vivace che amplifica l’espressività aromatica.

Venit: due territori, una visione...
Venit: due territori, una visione...

Stoico
IGT Venezia Giulia
100% Merlot Khorus

Il Merlot Khorus è una varietà ottenuta per garantire resistenza, ma in grado di distinguersi nettamente dal suo progenitore. Coltivato in Friuli su terreni argillosi ricchi di Caranto, condivide lo spazio con il Merlot classico, ma sviluppa caratteristiche uniche. La vinificazione prevede raccolta manuale, affinamento di 6 mesi in piccoli fusti di rovere americano e successivi 6 mesi in bottiglia. Il colore è un rubino profondo e impenetrabile. Al naso domina la confettura di prugna e mirtillo, accompagnata da cenni balsamici, pepe nero e sfumature floreali di mammola. Il sorso è ampio, glicerico e voluminoso, ma bilanciato da freschezza e tensione che ne garantiscono bevibilità.

Venit: il futuro della viticoltura tra Friuli e Veneto

C’è qualcosa di molto profondo nel modo in cui Venit si racconta: due radici distinte che si intrecciano e generano un’unica chioma, fatta di vini che portano con sé sia il rigore della tradizione sia la spinta verso l’ignoto. È un atto di riconoscimento reciproco: le rive del Monticano e quelle del Livenza dialogano, senza mai annullarsi, e trovano un punto d’incontro in bottiglie che mantengono il timbro del territorio pur aprendosi alla sperimentazione più radicale.

La selezione di questo mese restituisce esattamente questa vibrazione. Ogni vino diventa una lente per osservare l’evoluzione della viticoltura in aree di confine, dove nulla è mai statico e dove il carattere nasce proprio dal continuo oscillare tra due mondi.

In questo senso, Venit non si limita a produrre vino: propone una riflessione su cosa significhi fare viticoltura oggi, quando la fedeltà alla terra non può più prescindere dalla responsabilità verso il futuro. Ottobre, con le sue ombre lunghe e la vendemmia ormai alle spalle, è il momento giusto per ascoltare questo racconto fatto di radici antiche e germogli nuovi. Un racconto che, nel silenzio dei filari, prende forma in calici che non cercano consenso facile, ma lasciano un’impronta netta, destinata a durare.

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